Undici anni dopo Protective Edge conviene ripetere una verità scomoda: a Gaza c’era una guerra fuori e una guerra dentro. La prima la conoscete tutti: Israele che bombarda postazioni e infrastrutture militari in un’area densissima. La seconda l’ha raccontata Amnesty International nel 2015, non l’IDF: Hamas che tortura, giustizia e reprime i propri palestinesi. Se volete capire perché la causa palestinese si è sbranata da sola, partite da qui.
– Le esecuzioni. Amnesty documenta almeno 23 palestinesi uccisi da Hamas durante l’estate 2014, etichettati come “collaboratori”. Non processi: spettacoli di morte. L’apice il 22 agosto 2014, quando 17 persone vengono ammazzate in un giorno: 11 tirate fuori dalla prigione di al-Katiba e fucilate; 6 giustiziate pubblicamente fuori dalla moschea al-Omari. Alcuni in attesa d’appello. Giustizia rivoluzionaria, nel senso di ghigliottina senza tribunale.
– La farsa giudiziaria. Il “diritto” a Gaza, sotto Hamas, è il vecchio Codice penale rivoluzionario dell’OLP (1979), tribunali militari, garanzie zero, confessioni estorte. L’articolo 131 basta per appiccicarti la pena di morte per “comunicazione con parti ostili”. In pratica: basta un sospetto e un timbro.
– La tortura come procedura. Shabah (posizioni stressanti), percosse con tubi metallici, sospensioni per polsi e caviglie, ustioni con acidi, privazione del sonno. Amnesty raccoglie testimonianze e fotografie di corpi massacrati, ossa frantumate, crani devastati. Non “eccessi”: metodo.
– L’ospedale usato come tana. Al-Shifa, il più grande ospedale di Gaza, non era solo cure: aree abbandonate e corridoi diventano punti di detenzione e interrogatorio. Mentre si curano feriti, si torturano sospetti. Il doppio uso perfetto: medico in vetrina, miliziano nel retro.
– Regolamento di conti politico. La guerra come copertura per reprimere l’opposizione interna: decine di membri di Fatah rapiti, torturati, feriti. Arresti domiciliari di massa e pestaggi per chi “disobbediva”. Messaggio a Ramallah: qui comandiamo noi, e il Codice siamo noi.
– Propaganda securitaria. Musa Abu Marzouq spiega che “i collaboratori” sono la causa principale dei bombardamenti israeliani sui civili. Traduzione: se Israele colpisce, è colpa tua. Capro espiatorio al posto della responsabilità. La sicurezza come religione civile per giustificare l’omicidio.
– Impunità totale. Né l’amministrazione di fatto di Hamas né il governo di “consenso nazionale” hanno perseguito i responsabili. Nessun processo vero, nessuna accountability, nessuna lezione imparata. E non è stata la prima volta: schemi simili nel 2008-2009 e nel 2012. Pattern, non incidente.
Il punto politico (che i romantici della kefiah non vogliono sentire) Hamas non “protegge” i palestinesi: li disciplina. Israele colpisce da fuori; Hamas punisce da dentro. Risultato: la società civile viene schiacciata tra un esercito convenzionale e una milizia teocratica. È così che si distrugge la credibilità di una causa legittima: sostituendo il diritto con la vendetta, la politica con la milizia, il dissenso con la corda.
Questo non assolve Israele dalle proprie responsabilità operative nel 2014: Amnesty ha documentato anche possibili crimini di guerra israeliani, e ogni vittima civile è una tragedia. Ma qui la lente è su Hamas, perché la verità più indigesta è questa: non c’è liberazione nazionale senza stato di diritto. La “resistenza” che tortura e fucila i suoi è solo un’altra forma di dominio. Arendt l’avrebbe chiamata banalità del male travestita da utopia.
Cosa farne, adesso più che mai (lo consigliava Amnesty già 10 anni fa): – Per i cronisti: smontare la retorica. In ogni comunicato che urla “collaboratore”, chiedere prove, tribunali, garanzie. Se non ci sono, chiamarla col suo nome: omicidio politico. – Per chi fa advocacy: condizionare gli aiuti a riforme reali su giustizia e diritti umani; pretendere indagini indipendenti e sanzioni mirate contro chi ordina e pratica torture ed esecuzioni. – Per chi studia il conflitto: integrare sempre il doppio fronte. Senza capire la violenza intra-palestinese orchestrata da Hamas, le dinamiche militari e sociali di Gaza restano un’ombra.
Perché Gaza “emerge” tanto, anche undici anni dopo? Perché è una tragedia greca con i droni: colpe esterne e colpe interne che si alimentano a vicenda. Ma se eliminate il filtro ideologico, quello che resta è semplice e feroce: non si costruisce libertà con i plotoni d’esecuzione, con le maschere e con gli Ak-47 puntati alla tempia.
Fonti essenziali: – Amnesty International, “Strangling Necks: Abduction, torture and summary killings by Hamas forces during the 2014 Gaza/Israel conflict”, maggio 2015. – Amnesty International, report e briefing su violazioni durante Protective Edge (2014-2015), inclusi i capitoli su tribunali militari, torture e impunità. – Human Rights Watch, note e rapporti 2014-2015 su abusi di Hamas a Gaza.